Ancora sulla lenticchia d’acqua, anzi no. Dai lavori della V commissione consiliare della Regione, chiamata ad esprimersi sulla ristrutturazione dell’ex Marmeria Barbone di Giovinazzo, la pianta acquatica, imputata di essere d’ostacolo alla rigenerazione dell’area su cui sorge il vecchio sito industriale, è scomparsa. Almeno dalle agenzie stampa che riassumono gli interventi dei partecipanti alla riunione che si è tenuta il 14 luglio.
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«Finalmente – scrive il Comitato per la Salute Pubblica – nessuno ha nominato la famigerata “lenticchia d’acqua” assurta ignobilmente agli onori della cronaca e imputata del diniego avanzato da parte degli Uffici regionali. Tutti hanno convenuto di impegnarsi per “individuare il percorso più corretto da seguire, per superare gli elementi di criticità sollevati dalle Sezioni regionali paesaggistica e autorizzazioni ambientali, nel dare il loro parere negativo”».
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Dunque i motivi per cui non è stata concessa la Via alla società che vorrebbe ristrutturare e trasformare in un centro turistico ricettivo il manufatto che sorge in via Bari, sarebbero ben altri. Come più volte ripetuto, i motivi risiedono tutti nei progetti a cui più volte il Comitato Via aveva chiesto chiarimenti e integrazioni e non sulla presunta salvaguardia della ormai famigerata lenticchia d’acqua.
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«Si può sperare – scrive il Comitato – che adesso termini questa storia assurda della “lenticchia”, propalata per primo dal Primo Cittadino di Giovinazzo, Tommaso Depalma. Si può sperare adesso che torni il buonsenso e innanzitutto il senso di responsabilità. Portare a compimento quel progetto di ristrutturazione nel rispetto delle leggi e nella valorizzazione autentica delle nostre risorse naturali è speranza di tutti. Raccontare balle sulle “lenticchie” – d’acqua o di terra che siano – è un atto irresponsabile che rischia solo di far naufragare tutto».
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Solo per far notare che poco più di un mese fa l'intera area è stata oggetto di un incendio che ha distrutto quasi completamente la vegetazione di macchia mediterranea che spontaneamente aveva ricoperto quei terreni incolti negli ultimi decenni.
Vi sembra che sia una cosa normale e causale?
Chi è stato? In stile calabrese per declassare il sito dal punto di vista naturalistico?
Considerate che sul territorio di Giovinazzo quello era l'unico tratto di macchia mediterranea costiera.
Ma noi a Giovinazzo giustamente non facciamo caso alla perdita di tesori naturalistici..non ne abbiamo bisogno, ci bastano le contaminazioni delle scorie della ferriera, della discarica e dei diserbanti e pesticidi da coltura intensiva di uliveti.
E vai