Cultura

Università e didattica al tempo del Coronavirus

Isidoro Davide Mortellaro*
Didattica a distanza
«Dopo la fine della Storia e del Lavoro adesso è la fine dell'Ufficio»
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La pandemia da Covid-19 ha investito la nostra vita in forme fino a ieri impensabili e ancor oggi di assai incerta valutazione. È in discussione il futuro: intanto, per come lo avevamo immaginato sulla soglia di questo XXI secolo. Sotto tiro è ogni espressione di socializzazione. In particolare, quei tratti metropolitani per cui già oggi il 55% della popolazione mondiale si addensa in «megacittà». Una percentuale destinata a varcare la soglia del 75% di qui al 2050 e che negli ultimissimi decenni ha visto la moltiplicazione delle megalopoli con almeno 10 milioni di abitanti: 10 nel 1990, ora 33 e che nel 2030 diventeranno 43. Con tutte le conseguenze del caso. Intanto con la mobilitazione inimmaginabile di energie e risorse – anche animali – richieste dall’esistenza di siffatti addensati umani.
È in corso una «metamorfosi del mondo» e delle sue forme di vita. Dopo la «fine della storia» e del «lavoro» che ci avevano traghettato nel Terzo Millennio, adesso è la volta della «fine dell’ufficio» sotto l’urto massiccio dello «smartworking». I suoi cantori sono alacremente al lavoro alla ricerca di nuove vittime. E naturalmente sotto attacco sono finite immediatamente quelle primarie sedi di socializzazione costituite dalle istituzioni della formazione umana: scuola e università, innanzitutto. Soprattutto nel nostro paese.
Qui più devastanti che altrove sono stati, nel più recente passato, i guasti. È scritto a caratteri cubitali nei bilanci che annualmente hanno archiviato tagli a tutti i capitoli di spesa dedicati a istruzione e formazione. Lo rivelano lo stato comatoso e l’abbandono di tante scuole. Gli stipendi dei docenti di ogni ordine e grado rifulgono ai gradini più bassi delle classifiche tra tutti i paesi d’Europa.
Una grande discussione è oggi in atto ovunque: vivacissima in Italia. Magari più animata e confusa nelle sedi politiche e parlamentari. Diffusa e sottotono tra gli addetti ai lavori.
Nei mesi passati scuola e università hanno conosciuto e scritto pagine inedite della loro storia. Senza precedenti negli annali del Belpaese. Ovunque si è dato prova di creatività, inventiva, elasticità in una grande impresa collettiva. Ancora una volta scritta soprattutto dalle donne. Guai a dimenticare il gigantesco sforzo di supplenza generale esercitato dalle famiglie – e soprattutto dalle donne – nel reinventare lo spazio domestico, divenuto spesso in ogni suo angolo momento formativo. Il più delle volte contemporaneamente per più membri della famiglia.
Ma qui sorge una prima considerazione: di fatto, si è trattato anche di un risucchio, di un ritorno nel grembo della famiglia. E la scuola, l’università – intanto – sono soprattutto altro: nella vita dei figli e delle figlie sono sempre stati fuga dalla famiglia, scoperta del mondo, del rapporto con gli altri. Il primo giorno di scuola è sempre stato taglio, trauma, scoperta di altre sfere, liberazione spesso per tanti. Per non parlare dell’università nella vita dei giovani: spesso lontano da casa.
Non esistono sostituti possibili della didattica in presenza. Non c’è schermo che possa nemmeno lontanamente mimare l’esperienza collettiva dell’aula, della biblioteca, dell’associazione studentesca, della chiacchiera in corridoio o sulla panchina, dello scambio di idee e suggestioni a fine lezione.
Ancor più nell’era dei «social» imperanti, di quella prepotente – eppur straordinaria – «individualizzazione» del mondo operata dal continuo, folle tambureggiare del nostro pollice su una qualche schermata di vita. Guai a dimenticare che lì, in quella virtuale – apparentemente paritaria – rivisitazione del mondo, vengono esaltate tutte le differenze, ingigantite tutte le diseguaglianze: pesa e come la possibilità di spendere, di godere pienamente di una carta di credito collegata allo smartphone, di sapersi esprimere in più lingue, di organizzarsi viaggi un po’ ovunque e d’arricchire così con reali frequentazioni del mondo gli squarci virtuali intravisti su schermi tanto luccicanti quanto ingannevoli.
L’esperienza condotta nei mesi scorsi, il tempo speso sullo schermo, nella vana immaginazione dell’aula, suggerisce alcune considerazioni su pregi e illusioni della didattica a distanza nell’università. Intanto sulle reali capacità dei collegamenti, dei network. Rapidi sondaggi, condotti con l’aiuto degli studenti hanno immediatamente evidenziato lo stato delle comunicazioni nel nostro paese e soprattutto nel Mezzogiorno. Sulla punta delle dita si sono contati gli studenti collegati su fibra. I più debbono accontentarsi di una precaria linea adsl condivisa in famiglia da tanti. Ad esempio, fratelli e sorelle più piccoli impegnati anch’essi in didattica a distanza. E spesso nella stessa stanza. Condividere un computer e magari accontentarsi del wifi, qualche volta sul balcone o in altri – a volte indicibili – luoghi di casa, è allora la norma. La casa ritorna per tanti aspetti luogo elettivo della formazione, risorsa o handicap – lungo una casistica infinita – del singolo.
Altra considerazione suggerita dall’esperienza dei mesi passati e frutto di una osservazione di lungo periodo maturata in anni di lavoro: in realtà, scontiamo – soprattutto all’università – un diffuso ‘analfabetismo’ quanto a conoscenze informatiche e telematiche. Si sa entrare e uscire dall’ultimo giocattolino «social» di conio cinese o USA, ma si ignora l’abc dei motori di ricerca in rete. Il più delle volte parlando di «logica booleana» si rischia di passare per marziani. Se scappa il termine ‘algoritmo’ si passa per matti.
Non si può estendere all’infinito lo «stato di eccezione» dei mesi passati. Rischiamo una società chiusa in se stessa, preda di distanziamenti sociali inauditi e dannosi, esposta ad esplosioni di rancore sociale.
Altre le possibilità aperte da una inedita rivisitazione delle esperienze finora condotte nel clima emergenziale. Ma questo è un altro discorso. Da affrontare magari in altra occasione …

* Docente di Storia delle relazioni internazionali – Università di Bari “Aldo Moro”

sabato 4 Luglio 2020

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